In sintesi quindi il filo rosso più interessante dell’enciclica sembra essere quello
tra bene comune, assetto poliarchico dei poteri sopra lo Stato, sotto di esso, al suo fianco (Ong) e dentro di esso.
Riprendo il testo di Stefano Ceccanti da landino.it:
Vi propongo solo qualche spunto di lettura delle cose che mi sembrano meno scontate, anche se magari i commenti andranno su alcune chiavi di lettura di brevissimo periodo (ad esempio la difesa della dignità degli immigrati dopo il ddl sicurezza).
L’enciclica era attesa al varco soprattutto per capire se la crisi internazionale potesse far curvare l’insegnamento sociale in chiave statalista, in senso analogo a quel tremontismo dominante che affligge l’Italia da vari mesi, che ha in parte sfondato anche a sinistra, o in altre direzioni.
1. Visione articolata del bene comune
Il paragrafo 7 è quello che parla della nozione di “bene comune” definito, in continuità col Concilio Vaticano II, come:
“il bene di quel ‘noi-tutti’, formato da individui, famiglie e gruppi intermedi che si uniscono in comunità sociale”; (altro…)