di Sandro Magister
È approdato a Malta con la barca della Chiesa in piena burrasca. E si è trovato salvato da un folla straripante e festante. L’enigma del pontificato di Benedetto XVI è anche qui. I suoi 14 viaggi all’estero hanno sempre capovolto le fosche previsioni di ogni vigilia. È avvenuto così anche nei luoghi più ostici. In Turchia nel 2006, negli Stati Uniti e in Francia nel 2008, in Israele e Giordania l’anno dopo. A pranzo con i cardinali il 19 aprile, quinto anniversario della sua elezione a successore di Pietro, il papa ha citato sant’Agostino: “Mi sento pellegrino tra le persecuzioni del mondo e la consolazione di Dio”.
L’enigma di papa Benedetto è che egli è attaccato proprio dove i fatti gli danno ragione. Negli anni in cui tutti, dentro e fuori la Chiesa, erano ciechi di fronte allo scandalo della pedofilia, Joseph Ratzinger fu l’unico dirigente di Chiesa di alto rango a vedere lontano, a intuire la gravità dello scandalo e a imporre contromisure efficaci. E oggi che tanti gli tirano pietre, è di nuovo lui a predicare alla Chiesa che non basta rimettere tutto alla giustizia terrena, perché il proprio della Chiesa è l’ordine della grazia, che va al di là della legge, e significa “fare penitenza, riconoscere ciò che si è sbagliato, aprirsi al perdono, lasciarsi trasformare”. Non si ricorda nessun papa che nell’età moderna abbia messo un’intera Chiesa nazionale in stato di penitenza pubblica per i peccati dei suoi figli, come ha fatto Benedetto XVI con la Chiesa d’Irlanda.
Il mite papa Benedetto passerà alla storia per parole e atti di grande audacia. Con la lezione di Ratisbona svelò dove affonda la radice ultima della violenza religiosa, in un’idea di Dio mutilata dalla razionalità. Ed è grazie a quella lezione che oggi tra i musulmani sono più forti le voci che invocano una rivoluzione illuminista anche nell’islam, la stessa che c’è già stata nel cattolicesimo degli ultimi secoli. Altro che papa oscurantista e retrogrado. Benedetto XVI è un grande “illuminista” in un’epoca in cui la verità ha pochi estimatori e il dubbio la fa da padrone. All’uomo moderno egli chiede di aprire gli spazi della ragione, non di rinchiuderla nei soli dati misurati dalla scienza. È sua l’idea di aprire un “cortile dei Gentili”, dove tutti possano incontrarsi sotto l’ombra di Dio, anche chi non lo conosce. È sua la proposta agli uomini del nostro tempo di “vivere come se Dio ci fosse”, perché da questa scommessa, come disse Pascal, c’è solo tutto da guadagnare e niente da perdere.
Un mese fa, in una udienza del mercoledì ai pellegrini, Benedetto XVI paragonò l’ora presente della Chiesa a quella dopo san Francesco. Anche allora c’erano nella cristianità correnti che invocavano una “età dello Spirito”, una nuova Chiesa senza più gerarchia, né precetti, né dogmi. Oggi qualcosa di simile avviene quando, sull’onda di accuse che pretendono di travolgere tutto, si invoca un Concilio Vaticano III che sia “nuovo inizio e rottura”. Poi, stringi stringi, il programma dell’immaginario Concilio si riduce all’abolizione del celibato del clero, al sacerdozio per le donne, alla liberalizzazione della morale sessuale e a più democrazia nel governo della Chiesa. Le stesse cose che, attuate in alcune Chiese protestanti, non ne hanno prodotto rigenerazione alcuna. Anzi, come si vede nella Comunione anglicana, hanno piuttosto generato robuste correnti di migrazione verso la Chiesa di Roma, come al solo porto sicuro.
All’utopia spiritualista che si risolve in anarchia, papa Benedetto oppone un arte di governo della barca di Pietro che è “pensiero illuminato dalla preghiera”. A un mondo povero di fede, parla di Dio e di Gesù. Perché nient’altro che questo disse di voler fare, quando fu eletto papa: “Far risplendere davanti agli uomini e alle donne di oggi la luce di Cristo: non la mia luce, ma quella di Cristo”.
E’ stato interessante leggere su L’Espresso l’intervista a Vito Mancuso, di tenore innovativo e modernista e il controarticolo di Sandro Magister, che liquida senza mezzi termini, come inutile e dannosa, la tesi di coloro che invocano un CONCILIO VATICANO III , ritenuto indispensabile a che la Chiesa Cattolica venga ancora compresa e seguita dal mondo moderno. Sarebbe come dire che Giovanni XXIII sbagliò a indire il Concilio Vaticano II e che la Chiesa fu salva solo grazie alla provvidenziale dipartita del Papa Buono e al tempestivo intervento salvifico del suo successore Paolo VI. Sarebbe come dire che lo scandalo della divisione dei Cristiani, accentuatasi via via nel corso dei due millenni, non sia tale; che il celibato del clero, definito contro natura da Tullia Zevi (ex Presidente delle Comunità dei “Fratelli maggiori italiani” ), non abbia alcuna influenza sulle devianze sessuali, collaterali, peraltro, alla ben nota tollerata infrazione dell’assurdo voto di castità; che l’attuale illuminata Gerarchia Vaticana, così come formata e composta, sia più che sufficiente a interpretare le istanze del mondo cristiano; che il povero teologo Vito Mancuso dia un pò i numeri e così via.
La presunzione di poter essere infallibili interpreti della volontà divina e del messaggio di umiltà e amore del fondatore del Cristianesimo appare davvero preoccupante e non credo proprio che Benedetto XVI non avverta questo equivoco, foriero di disagio e di ulteriore indebolimento di quei valori ai quali si fa continuo riferimento.
Questa risposta non la capisco. Che c’entra il Vaticano II (che Benedetto XVI non ha mai sconfessato) con le pretese degli gnostici bindi-prodiani ‘cattolici adulti’ di far indire un Vaticano III? Siamo su due piani totalmente diversi.
Che le proposte alla Küng di annacquare il cattolicesimo per ripianare le differenze tra cristiani e renderlo ‘comprensibile’ al mondo moderno sia la migliore ricetta per far sparire la Chiesa dalla faccia della terra riducendola ad un’agenzia di opere benefiche, ormai è chiaro. Mentre la Chiesa Cattolica è l’ultimo baluardo della dignità umana: per questo la sua dottrina va conservata limpida. Il mondo moderno ha bisogno di capire la dottrina della Chiesa genuina: non è facile, ma è indispensabile, perché il baratro verso il quale si sta incamminando ormai non è più così lontano.
Che Tullia Zevi abbia detto una stupidata sconfessata dalle statistiche e dalla scienza è risaputo: non c’è relazione tra celibato e pedofilia.
Il Concilio Vaticano II fu indetto da Giovanni XXIII, ma fu concluso da Paolo VI, con improvvise drastiche chiusure sui tanti temi emersi in tale sede, che richiedevano opportuni approfondimenti. Un nuovo Concilio, se coraggiosamente indetto da Benedetto XVI, contribuirebbe a dare adeguati stimoli per una Chiesa positivamente diversa, moderna, più comprensibile, credibile, universale. L’immobilismo e una struttura organizzativa antiquata e dogmatica non posono continuare a caratterizzare il terzo millennio. Crisi delle vocazioni e credibilità non del messaggio cristiano, ma del modo in cui lo stesso viene testimoniato e trasmesso sono aspetti degni di essere presi in seria considerazione. Questo peraltro pare dicano di volere i due teologi citati: Vito Mancuso e Hans Kung, ben ampiamente rispettati anche in ambienti ecclesiastici.